La sfida per le aziende della carta non è solo quella della produttività, ma anche dell’abbattimento delle emissioni di CO2, come chiesto dall’accordo di Parigi sul clima. Le cartiere italiane hanno raggiunto livelli di efficienza esemplari abbandonando completamente le fonti fossili più inquinanti a vantaggio del gas naturale. Ulteriori margini di miglioramento sono però preclusi a causa, ad esempio della mancata compensazione CO2.
“Anche la produzione di carta nel mese di dicembre 2018 è crollata del 5,4%, dopo un primo tonfo del -3,2% di novembre. Gennaio e febbraio 2019 sembrano confermare la stessa tendenza”, commenta così, il Presidente di Assocarta Girolamo Marchi, i cali a fine anno di produzione, fatturato e ordini oltre che di fiducia delle imprese. Il settore cartario esprime forte preoccupazione per la competitività delle cartiere italiane. “Calano anche le esportazioni, da qualche anno in crescita, che su base annua arretrano del 3,3%”, aggiunge Marchi.
Il settore cartario ha chiuso il 2018 con una produzione di circa 9,1 milioni di tonnellate (+0,1 2018/2017), quarto produttore a livello continentale, dopo Germania, Svezia e Finlandia, ma anche quarto utilizzatore di carta da riciclare con un impiego di oltre 5 milioni di tonnellate di fibre secondarie. Il fatturato è valutato in 7,72 miliardi di Euro, con un aumento del 4,2% rispetto al 2017.
L’aumento dei costi delle cellulose, a livello internazionale, ha rappresentato una vera e propria emergenza nei conti aziendali. Tra dicembre 2016 e 2018, le quotazioni (in euro) delle cellulose hanno registrato aumenti complessivi del 140% (fibre lunghe) e del 150% (fibre corte).
Invece i prezzi dei prodotti cartari, a seconda della qualità, presentavano incrementi compresi tra un +2% e un +17% a seconda delle diverse tipologie.
Un forte incremento di costi deriva anche dai prezzi della CO2, cresciuti di oltre il 250% in un anno.
“La sfida per le aziende della carta non è solo quella della produttività, ma anche dell’abbattimento delle emissioni di CO2, come chiesto dall’accordo di Parigi sul clima. Le cartiere italiane hanno colto questa sfida raggiungendo i livelli di efficienza energetica più alti al mondo e abbandonando completamente le fonti fossili più inquinanti a vantaggio della migliore fonte di cui disponiamo: il gas naturale. Per il processo cartario, soprattutto nel riciclo, ulteriori margini di miglioramento sono però preclusi, non avendo accesso alle biomasse e trovando mille ostacoli al recupero energetico degli scarti, soluzioni invece disponibili nel resto d’Europa. L’Emissions Trading Scheme sta diventando un costo proibitivo per le cartiere, e l’Italia è ormai l’unico Paese europeo che non protegge le proprie imprese dalla delocalizzazione a causa della mancata compensazione dei costi indiretti derivanti dalla CO2. Come invece fanno tutti i Paesi europei, primi fra tutti Germania, Francia e Finlandia” spiega Marchi.
Inoltre, il prezzo del gas, in Italia, continua a scontare un pesante differenziale rispetto al prezzo pagato dai concorrenti europei delle cartiere. Questo differenziale, che si aggira intorno ai 4-5 euro/MWh è in parte dovuto alla differenza di prezzo della commodity tra il PSV (punto di scambio virtuale) e il TTF (title tranfer facility) e in parte ai maggiori costi accessori caricati sulle bollette del gas rispetto agli altri paesi europei come Germania e Francia. “Con riferimento a quest’ultimo aspetto occorre evidenziare che l’Italia prevede componenti parafiscali per finanziare le fonti rinnovabili anche sulla bolletta del gas (2 euro /MWh circa), corrispettivi non previsti negli altri Paesi europei. Per questa ragione occorre attuare rapidamente la misura già prevista a livello legislativo che prevede una riduzione del peso di tali oneri per le imprese energivore”, conclude infine Girolamo Marchi.
Materie prime fibrose ed energetiche costituiscono il 70% dei costi di produzione di uno stabilimento cartario (con picchi fino al’85%).