I rifiuti, dopo un processo di selezione e trattamento, non sono più tali ma diventano nuove materie prime. Il dibattito che si sta svolgendo a livello parlamentare e con le associazioni di categoria e ambientaliste non può smarrire il significato vero dell’Eow (“end of waste”, fine del rifiuto).
I rifiuti rappresentano un tipico strumento dell’economia circolare per ottimizzare la vita della materia e aumentarne il riciclo.
I rifiuti, dopo un processo di selezione e trattamento, non sono più tali ma sono nuove materie prime. Ovvero, un tipico strumento dell’economia circolare per ottimizzare la vita della materia e aumentarne il riciclo.
“Dopo la sentenza della Consiglio di Stato di qualche mese fa, che ha ribadito le competenze nazionali per dettare i criteri dell’Eow, gli iter a livello regionale degli impianti per la produzione di Eow si sono bloccati”, spiega Medugno. “Ciò ha creato ai rifiuti raccolti ulteriori problemi di sblocco, oltre a quelli dovuti alle politiche cinesi (meno accomodanti nell’accogliere rifiuti dall’Europa e dagli USA) e alla cronica problematica strutturale di impianti per la gestione dei rifiuti nell’Italia centro meridionale”.
Nel DL Semplificazioni si introduce un nuovo registro sulla tracciabilità dei rifiuti e relativo contributo, ma non una disciplina che semplifichi e sblocchi le attività ’degli impianti regionali in materia di End of Waste. “Tutto questo – prosegue Medugno – mi sembra veramente un cattivo servizio all’economia circolare del nostro Paese. Soprattutto in un contesto in cui mancano le infrastrutture per la gestione dei rifiuti e quindi aumentano i costi, a cui si aggiungono gli incrementi delle tasse regionali per il conferimento in discarica a partire dal 1 gennaio”.
Per la soluzione al problema EoW basta leggere la Direttiva Rifiuti n. 851/2018 e in particolare l’art. 6, che prevede i seguenti criteri:
- materiali di rifiuto in entrata ammissibili ai fini dell’operazione di recupero;
- processi e tecniche di trattamento consentiti;
- criteri di qualità per i materiali di cui è cessata la qualifica di rifiuto ottenuti dall’operazione di recupero in linea con le norme di prodotto applicabili, compresi i valori limite per le sostanze inquinanti, se necessario;
- requisiti affinché i sistemi di gestione dimostrino il rispetto dei criteri relativi alla cessazione della qualifica di rifiuto, compresi il controllo della qualità, l’automonitoraggio e l’accreditamento, se del caso; e
- un requisito relativo alla dichiarazione di conformità.
Questi criteri e non altri devono essere rispettati dagli Stati membri. E questi criteri, in quanto criteri nazionali, dovranno essere rispettati dalle autorità regionali. Perché se allo Stato spetta la fissazione dei criteri, le competenze in materia autorizzativa sono a livello regionale. Inserire tali criteri nel “rimedio normativo” avrebbe il pregio di evitare almeno un altro decreto e delle linee guida. Semmai ci fosse la necessità di intervenire la Commissione può farlo con atti ad hoc in cui “tiene conto dei criteri pertinenti stabiliti dagli Stati membri a norma del paragrafo 3 e adotta come punto di partenza quelli più rigorosi e più protettivi dal punto di vista ambientale”.
La Commissione si riserva di intervenire nei confronti degli Stati membri ma, ovviamente, in maniera rigorosa. Come può fare un’amministrazione centrale con le regioni, che sono entrambi espressione dello “Stato membro”.
Un “rimedio normativo” potrebbe prendere spunto da queste disposizioni, evitando ulteriori decreti e intervenendo laddove necessario, creando un sistema che dia trasparenza alle decisioni adottate. Dopo di che spetterà all’amministrazione centrale adottare i tanti criteri Eow necessari per migliorare il sistema delle MPS (“materie prime secondarie”) istituito con il DM 5.2.1998.