Durante l'ultima edizione della Fiera Internazionale del Libro, svoltasi a Torino dall'8 al 12 maggio, si è tenuto un convegno curato dall'Associazione Italiana Editori e dedicato al tema “Il lettore multicanale: distribuire libri nel XXI secolo”. Nel corso del convegno sono stati presentati i dati emersi da una ricerca Nielsen dedicata al mercato editoriale e alla sua evoluzione. Ecco una sintesi di questi risultati.
Il mercato
I ricercatori si sono chiesti quanto valga il mercato, non tutto il mercato, ma quello che gli operatori definiscono come “trade”, in altre parole un insieme – sempre più articolato – di canali e di formule di vendita, di format commerciali verso i quali si indirizzano oggi prevalentemente i comportamenti di acquisto del pubblico dei lettori e dei clienti di libri (ma non solo di libri!): il valore a prezzo di copertina stimato da Nielsen per il 2007 è pari a 1,370 miliardi di euro. Il 44% di questa cifra è realizzato dalle librerie tradizionali; il 32% dalle catene; il 21% dalla grande distribuzione organizzata (GdO); il 3%, ma con tassi di crescita a due cifre percentuali, dalle librerie on line.
La libreria nelle sue forme (e formule) più tradizionali e in quelle più evolute in direzione del commercio moderno (multistore, franchising, librerie nei centri commerciali, nei diversi format che si vanno aprendo nei nuovi luoghi del consumo e del passaggio) rappresenta oggi in Italia oltre i tre quarti dei canali trade. Significa che la libreria – con la sua (maggiore o minore) capacità di proporre ampiezza e profondità di assortimento, servizi al cliente, accoglimento, ecc. – continua a conservare (magari con criticità diverse tra catene e libreria a conduzione familiare) innegabili punti di forza e benefit percepiti dal cliente rispetto alle formule più evolute del commercio moderno.
Non lettori e non acquirenti di libri: sono il 60% degli italiani con più di 14 anni.
In questi anni da parte di tutti gli operatori del commercio – di catena e “indipendenti” – vi è stato un grande sforzo per rinnovare le formule commerciali al dettaglio: rifacimenti e riallestimenti del layout per rendere la libreria più vicina all’immagine degli altri punti vendita, spostamenti dai centri storico in direzione dei nuovi luoghi del consumo e del passaggio (centri commerciali in testa, stazioni, aeroporti, multiplex, ecc.)... Tuttavia – in un Paese di pochi lettori (43,2% popolazione > 6 anni, Istat, 2007) - coloro che si dichiarano “non lettori e non acquirenti di libri” sono il 60% dei 48 milioni di popolazione adulta italiana (>14 anni): circa 29 milioni di individui! La categoria dei “lettori/acquirenti” - circa 14 milioni di persone – sono appena un terzo della popolazione. Ed è su di essi che si regge tutta la filiera produttiva e distributiva del libro.
La (doppia) scommessa: acquisire i non acquirenti e fidelizzare lettori deboli e occasionali.
Una delle scommesse imprenditoriali (sviluppo di formule di vendita e di localizzazioni diverse rispetto a quelle tradizionali, declinando in modo diverso qualità e ampiezza dell’assortimento e servizio al cliente) sarà proprio quella di cercare di acquisire parte dei “non acquirenti”, che non bisogna immaginare come non lettori ma come persone che, per ragioni diverse, “fanno fatica” a varcare la porta della libreria. Si tratta di una sfida commerciale, che però è anche una sfida culturale e sociale per tutti gli attori della fi
Durante l'ultima edizione della Fiera Internazionale del Libro, svoltasi a Torino dall'8 al 12 maggio, si è tenuto un convegno curato dall'Associazione Italiana Editori e dedicato al tema “Il lettore multicanale: distribuire libri nel XXI secolo”. Nel corso del convegno sono stati presentati i dati emersi da una ricerca Nielsen dedicata al mercato editoriale e alla sua evoluzione. Ecco una sintesi di questi risultati.
Il mercato
I ricercatori si sono chiesti quanto valga il mercato, non tutto il mercato, ma quello che gli operatori definiscono come “trade”, in altre parole un insieme – sempre più articolato – di canali e di formule di vendita, di format commerciali verso i quali si indirizzano oggi prevalentemente i comportamenti di acquisto del pubblico dei lettori e dei clienti di libri (ma non solo di libri!): il valore a prezzo di copertina stimato da Nielsen per il 2007 è pari a 1,370 miliardi di euro. Il 44% di questa cifra è realizzato dalle librerie tradizionali; il 32% dalle catene; il 21% dalla grande distribuzione organizzata (GdO); il 3%, ma con tassi di crescita a due cifre percentuali, dalle librerie on line.
La libreria nelle sue forme (e formule) più tradizionali e in quelle più evolute in direzione del commercio moderno (multistore, franchising, librerie nei centri commerciali, nei diversi format che si vanno aprendo nei nuovi luoghi del consumo e del passaggio) rappresenta oggi in Italia oltre i tre quarti dei canali trade. Significa che la libreria – con la sua (maggiore o minore) capacità di proporre ampiezza e profondità di assortimento, servizi al cliente, accoglimento, ecc. – continua a conservare (magari con criticità diverse tra catene e libreria a conduzione familiare) innegabili punti di forza e benefit percepiti dal cliente rispetto alle formule più evolute del commercio moderno.
Non lettori e non acquirenti di libri: sono il 60% degli italiani con più di 14 anni.
In questi anni da parte di tutti gli operatori del commercio – di catena e “indipendenti” – vi è stato un grande sforzo per rinnovare le formule commerciali al dettaglio: rifacimenti e riallestimenti del layout per rendere la libreria più vicina all’immagine degli altri punti vendita, spostamenti dai centri storico in direzione dei nuovi luoghi del consumo e del passaggio (centri commerciali in testa, stazioni, aeroporti, multiplex, ecc.)... Tuttavia – in un Paese di pochi lettori (43,2% popolazione > 6 anni, Istat, 2007) - coloro che si dichiarano “non lettori e non acquirenti di libri” sono il 60% dei 48 milioni di popolazione adulta italiana (>14 anni): circa 29 milioni di individui! La categoria dei “lettori/acquirenti” - circa 14 milioni di persone – sono appena un terzo della popolazione. Ed è su di essi che si regge tutta la filiera produttiva e distributiva del libro.
La (doppia) scommessa: acquisire i non acquirenti e fidelizzare lettori deboli e occasionali.
Una delle scommesse imprenditoriali (sviluppo di formule di vendita e di localizzazioni diverse rispetto a quelle tradizionali, declinando in modo diverso qualità e ampiezza dell’assortimento e servizio al cliente) sarà proprio quella di cercare di acquisire parte dei “non acquirenti”, che non bisogna immaginare come non lettori ma come persone che, per ragioni diverse, “fanno fatica” a varcare la porta della libreria. Si tratta di una sfida commerciale, che però è anche una sfida culturale e sociale per tutti gli attori della fi
Durante l'ultima edizione della Fiera Internazionale del Libro, svoltasi a Torino dall'8 al 12 maggio, si è tenuto un convegno curato dall'Associazione Italiana Editori e dedicato al tema “Il lettore multicanale: distribuire libri nel XXI secolo”. Nel corso del convegno sono stati presentati i dati emersi da una ricerca Nielsen dedicata al mercato editoriale e alla sua evoluzione. Ecco una sintesi di questi risultati.
Il mercato
I ricercatori si sono chiesti quanto valga il mercato, non tutto il mercato, ma quello che gli operatori definiscono come “trade”, in altre parole un insieme – sempre più articolato – di canali e di formule di vendita, di format commerciali verso i quali si indirizzano oggi prevalentemente i comportamenti di acquisto del pubblico dei lettori e dei clienti di libri (ma non solo di libri!): il valore a prezzo di copertina stimato da Nielsen per il 2007 è pari a 1,370 miliardi di euro. Il 44% di questa cifra è realizzato dalle librerie tradizionali; il 32% dalle catene; il 21% dalla grande distribuzione organizzata (GdO); il 3%, ma con tassi di crescita a due cifre percentuali, dalle librerie on line.
La libreria nelle sue forme (e formule) più tradizionali e in quelle più evolute in direzione del commercio moderno (multistore, franchising, librerie nei centri commerciali, nei diversi format che si vanno aprendo nei nuovi luoghi del consumo e del passaggio) rappresenta oggi in Italia oltre i tre quarti dei canali trade. Significa che la libreria – con la sua (maggiore o minore) capacità di proporre ampiezza e profondità di assortimento, servizi al cliente, accoglimento, ecc. – continua a conservare (magari con criticità diverse tra catene e libreria a conduzione familiare) innegabili punti di forza e benefit percepiti dal cliente rispetto alle formule più evolute del commercio moderno.
Non lettori e non acquirenti di libri: sono il 60% degli italiani con più di 14 anni.
In questi anni da parte di tutti gli operatori del commercio – di catena e “indipendenti” – vi è stato un grande sforzo per rinnovare le formule commerciali al dettaglio: rifacimenti e riallestimenti del layout per rendere la libreria più vicina all’immagine degli altri punti vendita, spostamenti dai centri storico in direzione dei nuovi luoghi del consumo e del passaggio (centri commerciali in testa, stazioni, aeroporti, multiplex, ecc.)... Tuttavia – in un Paese di pochi lettori (43,2% popolazione > 6 anni, Istat, 2007) - coloro che si dichiarano “non lettori e non acquirenti di libri” sono il 60% dei 48 milioni di popolazione adulta italiana (>14 anni): circa 29 milioni di individui! La categoria dei “lettori/acquirenti” - circa 14 milioni di persone – sono appena un terzo della popolazione. Ed è su di essi che si regge tutta la filiera produttiva e distributiva del libro.
La (doppia) scommessa: acquisire i non acquirenti e fidelizzare lettori deboli e occasionali.
Una delle scommesse imprenditoriali (sviluppo di formule di vendita e di localizzazioni diverse rispetto a quelle tradizionali, declinando in modo diverso qualità e ampiezza dell’assortimento e servizio al cliente) sarà proprio quella di cercare di acquisire parte dei “non acquirenti”, che non bisogna immaginare come non lettori ma come persone che, per ragioni diverse, “fanno fatica” a varcare la porta della libreria. Si tratta di una sfida commerciale, che però è anche una sfida culturale e sociale per tutti gli attori della fi