FIEG e FERPI insieme per indagare il giornalismo possibile

18 luglio 2017
Un dibattito stimolante e partecipato quello sulle possibili, necessarie, nuove interazioni tra giornalismo tradizionale e le neonate forme del comunicare dell’era digitale, che FIEG e FERPI hanno organizzato il 7 luglio nella sede della Federazione editori: “FIEG e FERPI sulle derive attuali dell’informare e del comunicare”.
Lo spunto dalla presentazione del manuale di Diomira Cennamo e Carlo Fornaro, naturalmente presenti all’evento, “Professione brand reporter. Brand journalism e nuovo storytelling nell’era digitale”, edito da Hoepli.

Fabrizio Carotti, Direttore generale Fieg, nella sua introduzione ha fornito alcuni dati di sintesi sulla situazione dell’editoria oggi. I ricavi della stampa in 10 anni si sono dimezzati: un dato che incide sulla sostenibilità economica delle imprese che fanno informazione professionale e che hanno necessità di fare investimenti. Negativo anche il trend degli investimenti pubblicitari sui giornali, il 2016 sul 2015 registra una riduzione per i quotidiani del 7% e per i periodici del 4%. La diffusione dei primi 5 mesi del 2017 (dati Ads) per i quotidiani è scesa del 10% e per i periodici dell’6%. L’ultimo dato riguarda la quota di mercato della pubblicità: a fronte di una raccolta pubblicitaria dell'insieme della stampa quotidiana e periodica di 1 miliardo e 150 milioni, c'è quella, solo stimata peraltro, degli Over the top, superiore ai 2 miliardi e 400 milioni e tendenzialmente in crescita.

“C’è quindi l’esigenza – ha detto Carotti – di regole valide per tutti per un mercato che sia realmente competitivo e c’è l’esigenza, soprattutto, di un’adeguata tutela del diritto d'autore on line al fine della valorizzazione dei contenuti editoriali di qualità. In mancanza di questo non è possibile fare investimenti e garantire un prodotto professionale. Si valutano positivamente le recenti misure sul settore, come quella del credito d’imposta sulla pubblicità incrementale su stampa e su radio e tv locali e della liberalizzazione della rete di vendita. Il recente ‘Libro Bianco sulla comunicazione digitale’ realizzato da Fieg, Upa e altre sei associazioni della comunicazione, sarà elemento fondamentale di guida per la trasparenza del mercato digitale”. Quanto alla figura del “Brand reporter” descritta nel libro, Carotti immagina che sia una delle figure che potrebbero, avendo chiaro il legame diretto tra la realtà della notizia e i suoi effetti economici, di preservare e spiegare l’importanza della notizia che garantisca qualità e veridicità.

Del resto per gli stessi autori del libro proprio “etica” e “verità” sono le due parole-chiave a fondamento dell'attività di credibili comunicatori (e giornalisti) oggi, per una comunicazione che metta al centro il destinatario e che sappia usare, come precisa Diomira Cennamo, “con competenza e al meglio gli strumenti del digitale”. Questo accanto al senso dì responsabilità. “Nel percorso disegnato dal libro – ha detto Carlo Fornaro – si scopre che il giornalismo praticato in azienda può essere una voce importante all’interno del ciclo di vita della notizia, contribuendo al meccanismo di ricostruzione dei fatti da parte di coloro che operano sulla scena dell’informazione oggi, tra brand editoriali tradizionali e attori inediti. Un antidoto al dilagare delle fake news quando il richiamo al buon giornalismo – o a questo punto, ai buoni giornalismi – diventa una richiesta non più rinviabile. Ancora una volta, e anche nell’editoria giornalistica tradizionale, il brand inteso come autorevolezza e progetto socio-culturale è centrale”.

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