Responsabilità sociale e leadership

26 maggio 2010
Le armi vincenti per l'impresa, illustrate dal MIG per le aziende associate Gifasp

Definire il successo di un’azienda partendo dai concetti di strategia e leadership. Questo l'intento della sessione del MIG dedicata all’associazione Gifasp. Tra gli elementi analizzati appunto i fattori critici di successo, le strategie di sviluppo, la responsabilità sociale e l’importanza del leader.


Perché alcune imprese hanno successo e altre no? Questa la domanda da cui si delinea la relazione “Vincere la sfida dello sviluppo: la strategia dell’impresa socialmente responsabile”, tenuta da Fabio Antoldi, docente dell’Università Cattolica del Sacro Cuore, all’interno del MIG - Master di Impresa Grafica di Macchingraf. L’incontro è stato pensato in particolare per le aziende dell’associazione Gifasp (Gruppo Italiano Fabbricanti Astucci e Scatole Pieghevoli) che forse più di altre vogliono dimostrare di sapersi muovere a testa alta anche in tempi di crisi come quelli attuali. A partire infatti proprio dalla situazione reale delle aziende italiane, Fabio Antoldi illustra quali potrebbero essere le determinanti del successo di un’azienda e quali le strategie di sviluppo, parlando infine anche di come poter usare una strategia sociale come leva competitiva. Ma vediamo nello specifico i punti salienti della sua presentazione.


Le determinanti del successo di un’azienda

Il successo di un’azienda può essere competitivo, reddituale o sociale. Il successo competitivo è quello che determina le quote di mercato, il grado di copertura di mercato e la penetrazione dell’impresa sulla clientela, nonché la qualità dei clienti stessi. Il successo reddituale è quello che determina i diversi margini di contribuzione e la redditività operativa (ASA) che, conseguita dall’impresa nel medio/lungo periodo, è determinata dalla redditività media conseguibile nel settore (livello di rivalità dei concorrenti che deriva da: potere contrattuale dei fornitori, minaccia di nuove entrate, potere contrattuale degli acquirenti, minaccia di prodotti sostitutivi), e dalla qualità della strategia messa in atto dall’impresa.



E il successo sociale invece?
È quello che si può ottenere facendo leva sui contributi importanti dati dagli attori sociali, o su proposte fatte a quegli interlocutori sociali che sono capaci di intercettare le aspettative di fondo più importanti. Come presupposti di base il successo sociale deve partire da una cultura aziendale forte e fatta di valori condivisi, e dalla capacità di generare motivazione, coesione, fiducia, soddisfazione attorno ai progetti dell’impresa.
Stabiliti i diversi tipi di successo, la presentazione illustra i pre-requisiti necessari per poterli raggiungere. Il primo passo che un’azienda deve fare è cercare di capire il settore, ossia analizzare la domanda (“Cosa vogliono i clienti?”) e la concorrenza (“Come affrontare la concorrenza?”). Per un’impresa essere capaci di far leva su questi fattori (definiti i “Fattori critici di successo del settore”), cogliendo al meglio le opportunità offerte dall’ambiente in cui si muovono, significa avere l’opportunità di ottenere un successo maggiore. Altrettanto importante ai fini di un maggiore successo è anche la capacità di sviluppare e sfruttare al meglio il proprio patrimonio di risorse (finanziarie, fisiche, tecnologiche, umane) e le proprie competenze organizzative. È quindi tutto questo che determina quale strategia usare e che comporta, di conseguenza, il vantaggio competitivo di un’impresa sulle altre concorrenti. Bisogna infine ricordare però che la strategia scelta deve sempre essere coerente con gli obiettivi e i valori dell’impresa, con l’ambiente esterno, con le sue risorse e strutture.


Come impostare una strategia di sviluppo

Per determinare una strategia di successo efficace sono tre le mosse che l’azienda deve fare: focalizzarsi su obiettivi semplici, coerenti, a lungo termine; comprendere l’ambiente competitivo in cui si trova; valutare le risorse proprie e altrui. In questo modo potrà raggiungere un vantaggio competitivo e creare così un valore aggiunto per il cliente. A tal proposito Fabio Antoldi riporta la teoria di Michael Porter, secondo la quale:


  • La strategia è la ricerca di una valida posizione competitiva sul mercato, che può derivare solo dalla combinazione unica e originale di attività capaci di dare valore al cliente.
  • Strategia è dunque decidere quale combinazione di attività adottare, come svolgerle, come sfruttarne le connessioni.
  • Ogni strategia risulta “unica” (non esistono strategie “ideali”) perché implica dei trade-off.
  • La strategia richiede profonda coerenza: nell’immagine, nelle combinazioni economiche, negli obiettivi di governo.
  • Il vantaggio competitivo è creato dal sistema complessivo delle attività quando vi è coerenza tra queste.
  • Strategia è anche scegliere “che cosa non fare”.
  • Il posizionamento strategico va scelto e mantenuto nel lungo periodo (minimo 10 anni).


Due le strade strategiche che l’impresa ha davanti: fornire un prodotto identico agli altri, ma ad un prezzo inferiore, oppure offrire un prodotto differenziato, per il quale il cliente è disposto a pagare un prezzo superiore. E tre, invece, le domande che l’azienda deve porsi per stabilire la formula imprenditoriale più adeguata: a chi rivolgere l’offerta? cosa offrire ai clienti? e come fare? Per una visione riassuntiva di come poter attivare e gestire il processo di sviluppo, nella figura 2 sono illustrati tutti i passaggi chiave.


Usare la strategia sociale come leva competitiva

Nel libro verde della commissione UE, “Promuovere un quadro europeo per la CSR” (Corporate Social Responsibility), la responsabilità sociale dell’impresa è così definita: “L’integrazione volontaria delle preoccupazioni sociali ed ecologiche delle imprese nelle loro operazioni commerciali e nei loro rapporti con le parti interessate (stakeholder)”. E ancora “Essere socialmente responsabili significa non solo soddisfare pienamente gli obblighi giuridici, ma andare al di là, investendo di più nel capitale umano, nell’ambiente e nei rapporti con le altre parti interessate (stakeholder)”. Sulla base di questa definizione Fabio Antoldi illustra due modelli di impresa differenti, uno nel quale la soddisfazione degli interessi degli stakeholder rappresenta la condizione per massimizzare il valore degli investitori, e l’altro dove invece il successo dell’impresa dipende proprio dal consenso e dal supporto di tutti quanti gli stakeholder coinvolti.


Alla responsabilità sociale sono poi legati anche i concetti di sviluppo sostenibile, inteso come sviluppo che soddisfa i bisogni di oggi senza compromettere quelli di domani, di contributo che l’impresa può dare per creare benessere nella comunità in cui opera, al di là dei doveri di legge, e di sviluppo sostenibile come idea incorporata nella misurazione della performance aziendale. La RSI può essere vista come tutela dei diritti, legata cioè, oltre agli obblighi di legge, alla relazione tra legge ed etica (responsabilità quindi intesa come limite morale), o come creatività socio-competitiva, ossia come ricerca di soluzioni innovative che rappresentino un fattore di sviluppo della competitività di impresa (responsabilità come fonte di innovazione).

Detto ciò, quali sono i vantaggi di un atteggiamento socialmente responsabile? Sul fronte del capitale umano e organizzativo, sicuramente la RSI porta ad una maggiore motivazione, ad un coinvolgimento più profondo dei dipendenti, alla riduzione dei rischi ambientali ecc.; sul fronte del capitale relazionale invece si può parlare di una maggiore fidelizzazione del cliente, di migliori relazioni con finanziatori e con la comunità ecc. Anche se quindi esistono dei costi per l’applicazione di una corretta RSI (esempio il differenziale negativo di costo rispetto a chi non è socialmente responsabile, benefici visti come incerti e lontani, riduzione delle alternative possibili per realizzare le attività della catena del valore), al termine della relazione risulta chiaro come questa, se è voluta dal vertice aziendale, interpretata con professionalità e gestita con consapevolezza, possa davvero diventare fonte di vantaggio competitivo.


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